sabato 26 novembre 2022

Le Ferite emotive - Webinars di Michele Micheletti

 LE FERITE EMOTIVE - Parte 1 - IL RIFIUTO

https://www.youtube.com/watch?v=COphHK8mBdQ


 LE FERITE EMOTIVE - Parte 2 - L'ABBANDONO

https://www.youtube.com/watch?v=uzSqP7jQXXM&t=2064s


LE FERITE EMOTIVE - Parte 3 - IL TRADIMENTO

https://www.youtube.com/watch?v=-4KOBa6SbbE


LE FERITE EMOTIVE - Parte 4 - L'UMILIAZIONE

https://www.youtube.com/watch?v=IbBydONx_04&t=806s


LE FERITE EMOTIVE - Parte 5 - L'INGIUSTIZIA

https://www.youtube.com/watch?v=4_RhOmhtycY



Ho avuto il piacere di conoscere Michele durante un Convegno per dentisti, in cui si trattava il tema "Comunicazione efficace".

Questo tema in realtà è un mare magnum, in cui si aprono diversi fiumi, che svariano dal marketing puro, alla filosofia, alla psicologia, alla mistica.

L'amicizia si è subito consolidata parlando dei Pink Floyd lungo il viaggio in cui l'ho accompagnato al ritorno, alimentando i concetti appena ascoltati, ed entrando in sintonia col suo pensiero.

Uno dei temi trattati al Convegno, che mi hanno particolarmente colpito, è quello delle ferite emotive, su cui Michele ha posto su YT una serie in cui ogni ferita viene profondamene analizzata.


COSA SONO LE FERITE EMOTIVE?

Alcuni aspetti della nostra esistenza ci impediscono di vivere serenamente e di essere ciò che siamo davvero. Alcuni nostri atteggiamenti o blocchi emotivi potrebbero essere legati a una o più ferite. Si parla di cinque ferite emotive fondamentali nate dal rifiuto, dall'abbandono, dal tradimento e dall'aver subito un'ingiustizia o un'umiliazione.

Le cinque Ferite sono presenti nella vita di ogni giorno e contribuiscono a determinare il nostro modo di affrontare la vita.

Ognuna delle Ferite presenta caratteristiche diverse, che possono essere identificate in ciascuno di noi.

Ogni Ferita comprende una serie di risorse che corrispondono alle nostre potenzialità e che ci danno informazioni importanti sul modo migliore di esprimere noi stessi.


Alcune chicche che trapelano dai suoi seminari:


Se non fai diventare conscio l'inconscio, questo si manifesterà nella tua vita; ma non riconoscendolo lo chiamerai destino. (C.J. Jung)


Vi auguro di essere eretici.
Eresia viene dal greco e vuol dire scelta.
Eretico è la persona che sceglie e,
in questo senso è colui che più della verità ama la ricerca della verità.
E allora io ve lo auguro di cuore
questo coraggio dell’eresia.
Vi auguro l’eresia dei fatti
prima che delle parole,
l’eresia della coerenza, del coraggio,
della gratuità, della responsabilità
e dell’impegno.
Oggi è eretico
chi mette la propria libertà
al servizio degli altri.
Chi impegna la propria libertà
per chi ancora libero non è.
Eretico è chi non si accontenta
dei saperi di seconda mano,
chi studia, chi approfondisce,
chi si mette in gioco in quello che fa.
Eretico è chi si ribella
al sonno delle coscienze,
chi non si rassegna alle ingiustizie.
Chi non pensa che la povertà sia una fatalità.
Eretico è chi non cede alla tentazione del cinismo e dell’indifferenza.
Eretico è chi ha il coraggio
di avere più coraggio."

(Don L. Ciotti)

martedì 12 febbraio 2019

La Solitudine (Pillole Junghiane)


La solitudine non deriva dal fatto di non avere nessuno intorno, ma dalla incapacità di comunicare le cose che ci sembrano importanti o dal dare valore a certi pensieri che gli altri giudicano inamissibili.

Quando un uomo sa più degli altri diventa solitario.

Ma la solitudine non è necessariamente nemica dell’amicizia, perché nessuno è più sensibile alle relazioni che il solitario, e l’amicizia fiorisce soltanto quando un individuo è memore della propria individualità e non si identifica negli altri.



-Carl Gustav Jung- "Ricordi, sogni, riflessioni"





giovedì 6 dicembre 2018

Sisifo



In questo consiste la gioia nascosta di Sisifo.
Il destino gli appartiene.
Il macigno è cosa sua.
Anche la lotta verso la cima
basta a riempire il cuore di un uomo.
Bisogna immaginare Sisifo felice.


Albert Camus, Il mito di Sisifo

martedì 30 ottobre 2018

L'attesa

Spudoratamente copiato e incollato da:

https://www.glistatigenerali.com/brainsday/lattesa/






Non abbiamo più la forza di attendere: vogliamo tutto e subito, incapaci di trepidare, di scoprire quello che verrà, di pazientare la venuta dell’evento.
Non riflettiamo, non pensiamo, non ci crogioliamo nella lentezza, nell’assaporare lo scorrere del tempo.

L’attesa è annodata con la pazienza, quella che Simone Weil definiva “attesa mendicante di Dio”, sull’assunto che ogni evento della vita fosse già scritto, fosse mosso da Dio, come se la provvidenza camminasse con la storia: Dio è un mendicante che attende amore.
Chi sa attendere ragiona, medita, sa percepire le mosse dell’interlocutore, non è un violento e la sua calma è mitezza, è parsimonia.
Sa colorare la vita, sa offrire una spiegazione ad ogni evento, anche a quello più irragionevole.
Sa patire. Perché pazienza deriva da pati che significa sopportare.
L’attendere implica un rivolgere l’animo a qualcosa, un ascoltare con trasporto, un applicarsi, un curare, un badare.

L’attesa procura anche dolore. Qualcosa si contrae in una regione del corpo, si crea una specie di corrente d’aria fra due porte lasciate aperte per distrazione.
L’attesa ha diverse temperature. Si può aspettare con il freddo nel cuore o bruciando di desiderio.
Si può attendere anche un triste evento o disperdersi nell’angoscia per il compimento di ciò che già sapevamo, perché era scritto, doveva andare così, era ineluttabile.
Nell’amore l’attesa sviluppa una dinamica che tocca le profondità dell’esistenza.

La culla dondola sopra un abisso” scrisse Nabokov: a chi aspetta viene sempre in qualche modo ricordato questo abisso.
«La fatale identità dell’innamorato non è altro che: io sono quello che aspetta», scrive Roland Barthes nei ” Frammenti di un discorso amoroso “, una sorta di alfabeto in cui aspettare e amare sono quasi sinonimi.

«L’altro è in stato di perpetua partenza, sempre sul punto di mettersi in viaggio; egli è, per vocazione, migratore, errante; io che amo sono invece, per vocazione inversa, sedentario, immobile, a disposizione, in attesa, sempre nello stesso posto, in giacenza, come un pacco in un angolo sperduto d’una stazione.»( Andrea Kohler – L’arte dell’attesa ).

Prima si scrivevano le lettere d’amore e si aspettava e nel mentre arrivava la risposta se ne preparava un’altra, con maggior dedizione.
Oggi la parola chiave è: “Simultaneo”. Scrivo una email e attendo la risposta immediata. Se non arriva m’infastidisco: “perché non risponde?”
Lo scambio epistolare in passato era il luogo del tempo differito.
Le buste andavano e arrivavano a ritmi lenti.
Per non dire poi dei sistemi di messaggi istantanei cui ricorriamo: WhatsApp, Sms.
Eppure tutto intorno implica che il tempo vuole il suo spazio, il suo ineluttabile ed insopprimibile scorrere.
La notte resta prima del giorno, la gestazione di un bimbo è nei nove mesi, quel viaggio deve comunque durare.
Aspettiamo nelle stazioni, negli aeroporti, agli sportelli, sia quelli reali che virtuali. Attendiamo sempre, eppure non lo sappiamo più fare. Come minimo ci innervosiamo. L’attesa provoca persino rancore. Pensiamo: non si può fare più velocemente?
La verità è che noi non sopportiamo queste zone intermedie, gli spazi e i tempi in cui siamo costretti a esercitare la pazienza. Aspettare è vissuto come un’imposizione.

Oggi che t’aspettavo non sei venuta.
E la tua assenza so quel che mi dice,
la tua assenza che tumultuava,
nel vuoto che hai lasciato,
come una stella“.
Così scrive il poeta Cardarelli, perché l’attesa è anche solitudine, mancanza, disincanto, orrore del vuoto, disillusione.

Ma l’attesa è anche gioia, speranza: dopo l’arsura arriva la pioggia, ci ricorda Montale nella “Gloria del disteso mezzogiorno” e nell’attendere è “gioia più compita”.

Ora che sei venuta,
che con passo di danza sei entrata
nella mia vita
quasi folata in una stanza chiusa –
a festeggiarti, bene tanto atteso,
le parole mi mancano e la voce
e tacerti vicino già mi basta”.
Si canta così nella poesia di Camillo Sbarbaro.

In realtà in “Aspettando Godot” si dice anche: “ma il tempo sarebbe passato lo stesso”.
Ma l’attesa supera l’impazienza.
Perché gli uomini si devono incontrare, i bambini devono crescere, gli amanti si devono plasmare nella gioia, la rabbia deve passare, il mare diventare cheto, la parola deve prendere la sua forma.
La pazienza deve dominare l’attesa, come la rugiada sulle corolle.

lunedì 4 dicembre 2017

Destra e sinstra

- Quando un tipo di *destra* non è cacciatore e non gli piacciono le armi, non va a caccia e non compra armi;
- Quando un tipo di *sinistra* non è cacciatore e non gli piacciono le armi, chiede che sia proibita la caccia e la vendita di armi.

- Quando un tipo di *destra* è vegetariano, non mangia carne;
- Quando un tipo di *sinistra* è vegetariano, fa una campagna contro gli alimenti di carne e gli piacerebbe che si proibisse di mangiare carne.

- Quando un tipo di *destra* è omosessuale, fa una vita normale.
- Quando un tipo di *sinistra* è omosessuale, fa apologia dell’omosessualità, va alle manifestazioni “gay pride” e accusa di “omofobia” tutti quelli che non la pensano come lui.

- Quando un tipo di *destra* perde il lavoro, pensa a come uscire dalla situazione e fa di tutto per trovare un nuovo lavoro;
- Quando un tipo di *sinistra* perde il lavoro, va a lamentarsi col sindacato, spende fino all'ultimo giorno e va a tutte le manifestazioni e scioperi contro la *destra* e contro gli imprenditori.

- Quando a un tipo di *destra* non piace un programma televisivo, cambia canale o spegne il televisore;
- Quando a un tipo di *sinistra* non piace un programma televisivo, se ne lamenta coi giornali, lo denuncia sui quotidiani, alle radio, alle televisioni, ai partiti politici di *sinistra* e promuove un'associazione perché chiudano il canale televisivo che trasmette quel programma.

- Quando un tipo di *destra* è ateo, non va in Chiesa.
- Quando un tipo di *sinistra* è ateo, perseguita tutti quelli che credono in Dio, denuncia la scuola o l'istituzione che esponga un crocifisso, protesta contro ogni segno di identità religiosa, chiede che si esproprino i beni della Chiesa, che si proibisca la settimana Santa e ogni processione o pellegrinaggio (contro l'Islam non fa niente perché non ne ha il coraggio).

- Quando un tipo di *destra* ha problemi economici, cerca il modo di lavorare e di guadagnare di più o cerca di trovare un finanziamento per pagare i propri debiti, e, se può, risparmia.
- Quando un tipo di *sinistra* ha problemi economici ne dà la colpa alla *destra*, agli imprenditori, alla borghesia, al capitalismo, ai neoconservatori ecc. ecc., poi si mette in un sindacato sperando che lo infili in un partito politico o dove si riesca.

- Quando un tipo di *destra* legge questo scritto, ride e lo manda per mail ai suoi amici.
- Quando un tipo di *sinistra* legge questo scritto, si infuria e dà del fascista e del retrogrado a chi l’ha scritto e glielo ha mandato.

venerdì 1 dicembre 2017

Carlos Castaneda - Il lato attivo dell'infinito

Gli sciamani dell'antico Messico furono i primi a scorgere delle ombre e decisero di occuparsene. Le videro come energia che fluisce nell'universo. E scoprirono qualcosa di trascendentale.
Scoprirono che abbiamo un compagno che resta con noi per tutta la vita, un predatore che emerge dalle profondità del cosmo ed assume il dominio della nostra vita. Gli uomini sono suoi prigionieri, Il predatore è nostro signore e maestro e ci ha resi docili, impotenti. Se vogliamo protestare, soffoca le nostre proteste, se tentiamo di agire in modo indipendente, non ce lo permette.

(...)

I predatori hanno preso il sopravvento perchè siamo il loro cibo, la loro fonte di sostentamento. 

(...)

Per mantenerci obbidienti, deboli e mansueti, i predatori si sono impegnati in un'operazione stupenda, naturalmente, dal punto di vista dello stratega. Orrenda, nell'ottica di chi la subisce. Ci hanno dato la loro mente! Ci hanno dato la loro mente che è diventata la nostra.

(...)

Come in sogno, lo sentii spiegare che, per quanto sapeva, l'uomo è l'unico essere vivente dotato della patina luminosa di consapevolezza, di ordine diverso da quella del predatore.
Fece poi l'affermazione più sconvolgente che avesse mai fatto.
Disse che quel sottile bordo di consapevolezza è l'epicentro dell'egocentrismo in cui l'uomo è irrimediabilmente intrappolato. Facendo leva proprio sul nostro egocentrismo, l'unico aspetto consapevole rimastoci, i predatori creano fiammate di consapevolezza che poi procedono spietatamente a consumare.Ci danno problemi futili per forzare tali fiammate a emergere, e in questo modo ci fanno sopravvivere per continuare a nutrirsi della fiammeggiante energia delle nostre pseudo-preoccupazioni.

(...)

Non c'è nulla che tu o io possiamo fare, mi rispose con voce triste e grave, se non esercitare l'autodisciplina fino a renderci inaccessibili.

(...)

Gli antichi sciamani vedevano il predatore. Lo chiamavano quello che vola, perchè si muove a balzi nell'aria. Non è un bello spettacolo. E' un'ombra nera di oscurità impenetrabile, che salta nell'aria. E poi atterra. 

(...)

Voglio dire che ciò che abbiamo di fronte non è un predatore qualunque. E' intelligente ed organizzato. Segue metodicamente un programma destinato a renderci del tutto impotenti. L'uomo, l'essere destinato a essere magico, non lo è più. Si è ridotto ad un banale pezzo di carne. Non ci sono più sogni degni dell'uomo, ma ci sono solo i sogni di un pezzo di carne: triti, convenzionali, stupidi.

(...)

Questo predatore che è un essere inorganico, non è invisibile ai nostri occhi, come lo sono altri esseri inorganici. Proprio come fanno i bambini, noi lo vediamo, ma poichè ci appare troppo orribile, preferiamo non pensarci. 
L'unica alternativa possibile per l'umanità è la disciplina. La disciplina è il solo il deterrente. Ma parlando di disciplina non mi riferisco ad uno stile di vita spartano: alzarsi ogni mattina alle cinque e mezzo e bagnarsi nell'acqua fredda fino a diventare blu. Gli sciamani interpretano la disciplina come la capacità di affrontare in modo sereno eventualità che esulano dalle nostre aspettative.
éer l'oro la disciplina è un'arte, l'arte di affrontare l'infinito senza vacillare, e non perchè siano forti o duri, ma perchè sono animati da timore reverenziale.
La disciplina rende la patina luminosa di consapevolezza sgradevole al gusto di quello che vola.
Il risultato è che il predatore rimane sconcertato, confuso. Suppongo perchè una patina luminosa di consapevolezza non commestibile non fa parte del suo bagaglio conoscitivo. E così ingannato o smarrito, non ha altra alternativa che sospendere la sua opera nefasta,
Se la nostra patina di consapevolezza rimane intatta per qualche tempo, ha la possibilita di crescere. Semplificando all'estremo, si può dire che mediante la disciplina, gli stregoni tengono a bada i predatori quanto basta per permettere alla loro patina luminosa di consapevolezza di superare il livello delle dita dei piedi. Da quel momento, essa riacquista la sua dimensione originaria. 
Gli sciamani dell'Antico Messico dicevano che la patina luminosa di consapevolezza è come un albero: se non viene potata, cresce fino ad acquistare volume e dimensioni naturali. E quando la consapevolezza raggiunge livelli più elevati, anche operazioni che richiedono una percezione di enorme portata diventano naturali e scontate.
Il supremo stratagemma degli sciamani dei tempi antichi consistette nel caricare di disciplina la mente di quello che vola, l'installazione estranea fugge, dimostrando così, con assoluta certezza la sua origine aliena. Successivamente l'installazione estranea ritorna, ma non più così forte; ha quindi inizio un processo in cui la fuga della mente di quelli che volano diventa routine, fino a quando sparisce definitivamente.

(...)

Non cercare di scacciarli con la mano, scacciali con il tuo intento. Erigi una barriera di energia intorno a te. Scegli il silenzio interiore e sarà il silenzio stesso a edificare la barriera. Nessuno sa come questo avvenga: è uno di quei fenomeni che gli antichi sciamani chiamavano fatti energetici
Interrompi il tuo dialogo interiore. Non c'è bisogno di altro.

martedì 1 novembre 2016

Sulla sincronicità

“Il caso non esiste, e ciò che ci sembra casuale scaturisce dalle fonti più profonde” (Friedrich Schiller).

A tutti è successo qualche volta che una coincidenza che sembrava così improbabile risultasse poi quasi magica, un’epifania, come se esistessero dei legami tra avvenimenti, persone o informazioni, come dei fili invisibili che si possono intravedere solo in alcuni momenti.

Di sicuro vi è successo che un libro o una pubblicità vi abbia dato la risposta a quel dubbio che vi stava martellando oppure vi è capitato di chiamare una persona al telefono nello stesso istante in cui questa stava chiamando voi o di aver avuto un incontro inaspettato in un luogo inaspettato o di aver incontrato proprio la persona di cui avevate bisogno in quell’esatto momento. Queste non sono casualità, ma sincronicità, uno degli aspetti più enigmatici e sorprendenti di questo universo.

Che cos’è la sincronicità?



È stato lo psicologo Carl Gustav Jung a coniare il termine sincronicità riferendosi alla “simultaneità di due avvenimenti vincolati dal senso, ma in maniera casuale”, come l’unione degli avvenimenti interni ed esterni in un modo che non si può spiegare, ma che ha di certo senso per la persona che la osserva.

Jung è arrivato alla conclusione che c’è un’intima connessione tra l’individuo e l’ambiente circostante, che in determinati momenti esercita un’attrazione che finisce per creare circostanze coincidenti, tendendo a un valore specifico per le persone che la vivono, un significato simbolico. È questo il tipo di eventi che attribuiamo al caso, alla sorte o addirittura alla magia, a seconda delle prospettive che abbiamo.

La sincronicità ad esempio rappresenterebbe sul piano fisico l’idea o la soluzione che si nasconde nella mente, mascherata da sorpresa o coincidenza, essendo in questo modo molto più facile da raggiungere.

Una esperienza sincronica di solito si presenta nelle nostre vite quando meno ce l’aspettiamo, ma nel momento esatto, cambiando a volte la direzione delle nostre vite e influendo sui nostri pensieri. Tuttavia, per questo dobbiamo essere recettivi e attenti al mondo che ci circonda, aprendo la porta a questa possibile sincronicità.

Più stiamo in allerta rispetto all’ambiente circostante, più probabilità ci saranno che questa sincronicità avvenga intorno a noi o che almeno la notiamo. Si può trattare di piccole conversazioni, di canzoni alla radio o di messaggi pubblicitari o persino di incontri apparentemente fortuiti. Bisogna solo stare attenti.

Se lasciamo andare le circostanze e non pressiamo né forziamo l’avvenimento di eventi o la volontà delle persone mentre manteniamo un atteggiamento ricettivo e di apertura, lasciandoci trasportare dal nostro intuito e dalla nostra saggezza interiore, apriremo le porte alla “magia” che ci offre l’esperienza della sincronicità. Se sappiamo ascoltarla, può convertirsi in un’ottima guida delle nostre vite.

Forse è una delle tante leggi universali che non possono essere dimostrate con troppa certezza, ma comunque la sua presenza ha guidato la vita di molte persone senza nemmeno pensarci, ed è una delle ragioni che permette di mantenerla attuale.

Persino questo articolo può essere stato frutto della sincronicità.