E così, ce l’ho fatta.
Ho realizzato un sogno, uno degli obiettivi della mia vita.
Salire sul Re di Pietra, il Monviso.
La montagna che come poche altre può definirsi “la
Montagna”.
Quella montagna che si vede dalla Pianura Padana; si vede
anche dal bergamasco, come ci ha detto un escursionista orobico ieri al
rifugio.
Sin da quando ero piccolino guardavo quella montagna laggiù,
la più alta, e mi chiedevo cosa si sarebbe potuto osservare da lassù; inoltre
l’assonanza del suo nome con il mio cognome, me l’ha reso sempre molto familiare.
Quella montagna mi ha accompagnato, contemplandola, in tanti
momenti; all’alba, al tramonto, abbandonandosi ai pensieri; mi ha accompagnato
con il suo inconfondibile skyline quando studente andavo a Torino, nei momenti
felici, in quelli tristi, perché lei era sempre li, maestosa e superba.
Salire lassù non è stata una semplice scalata. Non semplice
per le difficoltà tecniche, per la fatica ma soprattutto per l’aspetto mentale;
sapere che era giunto il momento di salire lassù e che, avendo scelto la parte
est, non v’era possibilità di ritorno o di uscita. Solo raggiungere la vetta
era possibile.
Appena arrivati al rifugio, il giorno prima, sono entrato
subito nella cappelletta dedicata a tutti quanti hanno perso la vita nel
tentare la scalata. Innumerevoli fotografie di persone unite dall’amore timore
per quella montagna; ragazzi giovani, uomini più attempati, donne. Tutti con
volti sorridenti, di quel sorriso che ti stampi sul volto solo quando vai in
montagna e ti senti in armonia con la Natura.
Persone che non ci sono più.
E, salendo, innumerevoli lapidi o targhette fissate a
memoria imperitura nella riccia, quella roccia che per loro fu fatale.
Un monito per noi, per non prenderla alla leggera.
Per ricordarci che non dovevamo sfidarlo il Re di Pietra, ma
semplicemente unirci a Lui in armonia, vivere la sua maestosità e superbia.
Sentire in lontananza il rumore di massi che franano era un
monito per ricordarci che se lo sfidi, e Lui lo sente, , è una sfida per noi
persa.
Non è stata una sfida con Lui, infatti. E’ stata una sfida
con noi stessi.
La montagna ti da molto. Ti fa abbandonare i pensieri
pesanti, che lassù non riescono a salire perché solo zavorra inutile.
Ti rinfranca i pensieri sull’amicizia, sullo spirito di solidarietà.
E se non avessi conosciuto un amico come Paolo, la salita
sarebbe stata solo e sempre un sogno, un obiettivo da realizzare a data da
destinarsi, e non più una realtà recente.
E, da oggi, possiamo dire: “Siamo stati lassù”
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